Il pane Sardo: Su Coccoi Pintau
Su Coccoi Pintau è il tipico pane decorato della Sardegna, il più pregiato, prodotto con semola di grano duro, dalla consistenza compatta e croccante, come da usanza cotto nel forno a legna a cupola.
Ne troviamo la variante moderna in tutti i panifici della Sardegna con il nome di Pasta Dura ma l’originale tradizionale Coccoi delle feste, come quello fatto in casa anni e anni fa, lo troviamo, ora, in poche parti dell’Isola e, una di queste, è a casa dei miei Nonni nel comune di Palmas Arborea, in provincia di Oristano.
Impossibile spiegarvi il suo gusto prelibato, il suo profumo inconfondibile di grano. Su Coccoi con tutte le sue qualità è il ricordo più goloso della mia infanzia.
Oggi però vi parlo di qualcosa che va ben oltre il “semplice” buon pane: Su Coccoi de Sa Sposa & Su Coccoi cun s’Ou.
Entrambi sono tipici pani-simbolo tradizionalmente preparati in Sardegna per le feste più importanti e per le cerimonie. Elaboratissimi e scultorei, sono i pani che comunicano, non son più cibo fine a sé stesso, bensì "metafora di determinati periodi della vita delle persone" (per citare Alberto Mario Cirese). Il pane-scultura che si serve dell’arte per trasmettere significati, per informare, per far conoscere al mondo la propria cultura attraverso un rapido sguardo su di esso. I due pani appaiono come prodotti del sapere, a rappresentazione ed espressione di una intera Regione.
Su Coccoi de Sa Sposa e su coccoi cun s'ou
Su Coccoi de Sa Sposa si era (e in alcune parti si è) soliti regalarlo agli sposi, come segno di buon augurio e di prosperità nel loro giorno più importante ed essi lo consumavamo durante le nozze, mentre, Su Coccoi cun s’Ou, anni addietro, era come il nostro uovo Kinder con sorpresa, si preparava per il giorno della Grande Pasqua e si donava poi ai bambini che se lo portavano dietro per la scampagnata di Pasquetta. Ovviamente entrambi si possono mangiare, dopo averne ammirato la bellezza, ma è un vero e proprio peccato!!!
Mia Nonna, classe 1940, mi ha raccontato che nessuno le ha insegnato come fare, da nessuno ha mai imparato. E’ capitato così, quasi per gioco, con mio Nonno, classe 1937, per regalarlo a noi nipoti, per esporlo come ornamento nel loro agriturismo, per prestigio familiare in esposizione alle feste di paese. La sua manualità è straordinaria, così come la sua pazienza è infinita.
Su Coccoi de Sa Sposa che vedete in questa pagina è frutto di quasi 4 ore di lavoro (cottura a parte!). Gli unici strumenti che lei usa sono un piccolo coltellino sardo, una forbicina e la rotellina dentata, suo regalo di nozze (1958). Le rose, le margherite, i garofani, le calle vengono interamente forgiate dalle sue mani veterane. Anche se qualche delicato fiorellino viene fuori dalle grandi e robuste mani di mio Nonno! Non ci sono stampi o formine, tutto è meticolosamente modellato a mano libera attraverso la loro sempreverde creatività.
il pane: un affare di famiglia
L’iniziale semplice pezzo grezzo di pasta è stato trasformato in un’incantevole opera d’arte. Una scultura di grano dorato con lo scopo di istruire gli osservatori in una tradizione che mai dovrà perdersi, di esaltare il prestigio del suo artista, di propiziare i grandi eventi e abbellirne la tavola, di legare i secoli e le generazioni, attraverso la condivisione dei segreti della buona panificazione e della fine decorazione. Ed è proprio questo l’aspetto che più mi ha colpito: il pane che unisce l’intera famiglia, un momento intimo tra marito e moglie, tra figli e nipoti. Eravamo lì, come fosse una cerimonia importante, ognuno ad aiutare nel suo piccolo, anche solo a farsi compagnia e a chiacchierare, nonna che ricordava antichi aneddoti, nonno che controllava che tutto procedesse bene, le loro figlie al loro fianco, alcuni dei nipotini a pasticciare buffi motivi floreali.
Quella piccola ma immensa opera d’arte posta al centro della tavola o appesa ad un cesto di giunco come un quadro sulla parete, diventa un maestoso ponte con il passato, un potente collante tra generazioni.
Dopo averla vista farsi il segno della Croce prima di toccare l’impasto e di recitare poche brevi parole prima di impastare su fromentu (il lievito madre) alla semola ho capito che, per lei, non si trattava solo di “fare il pane”. Era molto di più. E allora è diventato immediatamente tutto più severo. Io son diventata più seria. Più rispettosa di quel momento che all’inizio mi era sembrato solo un gioco tra una cara nonna e una nipote curiosa. Il pane era e rimane uno strumento sacro e allo stesso tempo magico all’interno della casa e della propria famiglia.
Ho percepito una sensazione singolare… come se quella giornata fosse stata la mia consacrazione dentro un nuovo mondo, l’ingresso dentro una tradizione che da sempre ho conosciuto ma nella quale non ero ancora entrata materialmente. Di soppiatto, durante quella domenica, è avvenuto il trasferimento all’interno della nostra famiglia, della memoria di questo evento sociale storico, qual è la preparazione del pane Sardo, con le sue usanze e i suoi riti, con la sua magia e i suoi misteri.
* * * * *
Grazie di cuore a mia Nonna Maria Loi e a mio Nonno Salvatore Pilloni (volato in Cielo il 24 febbraio 2016).
Tags: sardegna,, panesardo, coccoipintau, tradizione