La ricerca della bellezza a Mamoiada
Ho scoperto per la prima volta Mamoiada qualche anno fa, nel silenzio delle sue giornate di novembre, in punta di piedi e con il cuore che batteva forte. Son tornata due volte quest'anno, con il caldo di inizio estate per il primo goliardico ErykainviaggioDay guidato da Mèskes e, recentemente, in occasione della intensa quattro giorni di Sas Tappas, la declinazione mamoiadina di Autunno in Barbagia, fra centinaia di persone, ombrelli e nel fermento che, in un paese dell'entroterra, fa quasi quasi scoppiare il cuore.
Pensavo di aver già visto tutto di questa cittadina a due passi da Nuoro, immersa nel verde intenso della Barbagia. E invece ho scoperto mancarmi ancora tanto, tantissimo. E ne sono felice perchè, anche se non mi servirà, avrò la scusa per poter tornare (e già non vedo l'ora).
E così, grazie al blog tour organizzato da Sara Muggittu e Marco Bellu, colleghi blogger di Viaggio in Sardegna, son partita per la terza volta alla ricerca della bellezza a Mamoiada e l'ho trovata nelle mani degli artisti che hanno abbellito Sas Tappas con una mostra d'arte diffusa; l'ho ritrovata al Museo delle Maschere Mediterranee dove la voce di Bachisio Bandinu è sempre una carezza per l'anima; l'ho scoperta nel sacro rito della vestizione dei Mamuthones, nelle parole di uno dei maestri mascherai mamoiadini e negli occhi di tre giovani donne con la loro storia di famiglia, tradizioni e vino.
I Mamuthones di Mamoiada
La ricerca della bellezza a Mamoiada mi ha portato a compiere un viaggio dentro la sacralità delle usanze e la passione per la propria Terra; mi ha accompagnato per mano a scoprire quanto forte è l'amore per le proprie origini da difendere senza mai (e guai) scendere a compromessi, quanto valga la memoria e quanto inviolabili siano alcuni momenti; mi ha messo davanti lo scorrere veloce dei secoli che passano ma che non cambiano (non devono!) l'identità culturale e mi ha fatto capire l'importanza del rispetto per ciò che è stato e per ciò che sarà ancora.
ALLA RICERCA DELLA BELLEZZA - L'ARTE A MAMOIADA
Metti un fabbro artigiano(artista) di Mamoiada, poche parole e gli occhi che brillano dietro due grandi lenti. Unisci la sua passione per l'arte e per la città barbaricina con la sua voglia di fare, di indagare, di conoscere ed ecco una mostra d'arte itinerante per le cortes di Mamoiada. E' Giovanni Paddeu l'artefice di Mamoidarte, meeting artistico dove anche lui si è messo in mostra, modesto e silenzioso, con le sue opere che sembrano d'argilla, fini e delicate nonostante siano fatte in ferro, in mezzo ad una decina di eclettici artisti sardi.
Luciana Aironi, Marina Desogus, Arnaldo Manis, Maria Grazia Medda, Dina Montesu, Gigi Porceddu, Ugo Serpi sono alcuni dei nomi della rosa dell'estemporanea di pittura che si è amalgamata con la scultura passando per la tessitura, ai quali si aggiungono Mario Biancacci e Nietta Condemi De Felice che ho avuto il piacere di conoscere personalmente durante la scrosciante domenica di Sas Tappas.
Nei quadri di Mario mi son persa nei paesaggi sconfinati di tempera, fotografie ad acquerelli che raccontano una Sardegna di mille colori.
Nietta Condemi De Felice e la Fiber Art
Nelle opere di Nietta, dove i tessuti incontrano materiali insoliti utilizzati come filati dalle sue mani, la fiber art mi ha colpito e mi ha preso a braccetto per una danza tradizionale e innovativa. Due occhi del colore del cielo incastonati dentro le strade del tempo non mi han lasciato andar via subito e così ho rubato scatti e dettagli delle sue mani all'opera senza spiccicare parola. La trovate a Nuoro, semmai voleste conoscerla di persona.
Donne bellissime hanno caratterizzato la mia domenica nel cuore della Sardegna. Dopo Nietta, è stato il turno delle tre giovani sorelle della Cantina Eminas di Mamoiada che produce il celebre Cannonau di Sardegna DOC, vino rosso nel corpo e nell'anima. Mai assaggiato?
ALLA RICERCA DELLA BELLEZZA - EMINAS VINI
Un padre con la passione per la coltivazione dell'uva e per la produzione del vino in casa come una volta, tre figlie femmine fra smalti, rossetti e testardaggine e una nonna forte, coraggiosa e un grande esempio da seguire. C'è tutto questo dietro la Cantina Melis, una storia bellissima che si può leggere fra le righe dell'elegante etichetta del loro vino e nel logo, che ho trovato geniale, della loro giovane cantina: tre impronte digitali rosse che si legano dentro al profilo aggraziato di una donna sarda, non una qualunque, la loro nonna.
Eminas Vini Mamoiada
Tre sorelle e un papà, un legame di sangue indissolubile, una nonna, la tradizione, la storia, le donne, Mamoiada e la sua bellezza.
ALLA RICERCA DELLA BELLEZZA - IL RITO DELLA VESTIZIONE DEI MAMUTHONES
E con bellezza fa rima anche tradizione che, il più delle volte, è emozione. E la più forte che ho provato domenica forse nemmeno riuscirò a spiegarla mai. Ho avuto il grande onore di assistere, in via del tutto eccezionale, al rito della vestizione dei Mamuthones, dell'Associazione Culturale Atzeni, maschera le cui origini si perdono nei tempi più antichi. Dodici uomini che davanti ai miei occhi han subito la metamorfosi e che piano piano si son trasformati in Mamuthones. Pelli, campanacci, maschere. Silenzio, austerità, sguardi profondi. Volevo fortemente essere lì ma, allo stesso tempo, volevo andar via perchè mi sentivo di troppo. Ho percepito tutta la sacralità del momento ed era come un macigno sulla mia testa ma sapere che entrare e vivere quelle emozioni non sarebbe successo un'altra volta mi ha trattenuto lì e mi ha permesso di scattare con deferenza qualche fotografia, di respirare la bellezza di un momento straordinario, per loro il più importante.
Il rito della vestizione dei Mamuthones
Sopra un elegante abito di velluto scuro, la prima cosa ad essere indossata è la mastruca, le pellli di pecora nera che ricoprono tutto il busto. La complessità degli intrecci delle stringhe in cuoio con la quale viene poi viene fissata sulla schiena sa carriga, i campanacci, è tale che mi perdo fra le forti mani che stringono, allacciano, girano, notando la sofferenza fieramente sopportata nei visi ancora nudi. E' un lavoro lungo, i campanacci hanno diverse dimensioni e vanno sistemati con ordine ben definito, il peso finale si aggira intorno ai venti o venticinque chili e una buona resistenza alla fatica è la dote che accomuna questi uomini. Sa visera, la maschera antropomorfa, viene indossata all'ultimo, con cura di sistemarla perfettamente con berretto (su bonette) e fazzoletto femminile (su muncadore). La metamorfosi è compiuta, i colori vivaci de sos issohadores iniziano a comparire fra i mamuthones, pronti con il loro laccio (sa soha) a catturare il fortunato fra la folla che attende trepidante.
"Vestire i panni del Mamuthone è un dovere per un mamoiadino perchè significa mandare avanti la tradizione nel rispetto dei nostri antenati. Ed è proprio vero ciò che racconta il video proiettato al Museo, noi siamo destinati a mascherarci. Non c'è obbligo nè imposizione, è l'orgoglio per le nostre origini. E' intrinseco nelle nostre famiglie e sin da piccoli sappiamo che indosseremo la maschera e danzeremo per le vie del paese in quella che è una processione festante e solenne".
Le parole di un giovane le ho ritrovate, più intime, in quelle del mastro mascheraio mamoiadino, nonchè Mamuthone, Franco Sale, custode di una conoscenza profonda legata alla maschera della città, un'enciclopedia umana dagli occhi arzilli dove il fuoco della passione si accende quando inizia a parlare di Mamuthones ed Issohadores, di Mamoiada, del passato e, soprattutto, del futuro.
ALLA RICERCA DELLA BELLEZZA - PAROLE E MASCHERE DI FRANCO SALE
"Dopo aver indossato la maschera ed indossato il fazzoletto mi prende una sensazione magica, mi sembra di acquistare il potere della divinità di altri tempi. Questa sensazione è reale quando il Mamuthone svolge il suo compito senza levare la maschera dal volto. Sento questa forza al mio interno e tutto ciò che ho addosso diventa un blocco unico. Senza rendermene conto, corpo, vestiario e campanacci diventano un unico elemento. Nello stesso momento ho la sensazione che la mia personalità si sdoppi senza capire né come ciò accada né perché, la mente si stacca dalla realtà. Pur convinto di essere me stesso mi sento come invaso e posseduto da un’altra entità. Mi carico di misticismo e frenesia come se mi immedesimassi ed entrassi all’interno di un’altra persona di un’altra epoca."
Franco Sale all'opera
Tutti dovrebbero conoscere Franco appena giunti a Mamoiada, la prima meta ancor prima di aggirarsi per la città. E' nel suo laboratorio-museo di Via Marsala a lavorare costantemente, concentrato nell'intaglio delle sue maschere di legno d'ontano fra truccioli di legno profumati. E' silenzioso e riservato fino a quando non si tocca il tasto giusto (o sbagliato!) e allora quel laboratorio non lo lascerete in meno di un'ora perchè sarete voi a non volervene più andare, ascoltare Franco significa viaggiare nelle viscere di Mamoiada e delle sue tradizioni. Le sue parole sono un vortice nel quale ci si ritrova a turbinare spogli, nudi, sbattuti dentro un racconto senza limiti temporali, senza tare culturali, con la padronanza delle nozioni derivate da decenni di ricerche approfondite, circondati da facce scure che fissano l'infinito. Andateci e, mi raccomando, dategli del tu, se non volete farlo adirare!
Dodici ore intense dal profumo di Sardegna, le mie, avvolte dai colori caldi della Barbagia, condite dai sapori di Sas Tappas e le emozioni sempre nuove, sempre forti di questa cittadina che mi ha, già da tempo, conquistato.
Ecco perché amo Mamoiada, perché ogni volta che me ne vado, ne porto via un un pezzo per me ma, puntualmente, ci lascio un pezzo di me.
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Grazie ancora a Sara e Marco per l'ospitalità e grazie anche a Daniela aka DaMa del Guilcier per aver condiviso con me questa emozionante giornata.
Grazie all'Associazione Culturale Atzeni per averci ospitato in un momento tanto intimo, non lo dimenticherò mai.
Grazie a tutti i mamoiadini che con i loro sorrisi e le loro parole gentili (e le tante delizie mangiate) hanno reso questo blogtour una esperienza magica.
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ARRIVEDERCI MAMOIADA!
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